venerdì 3 gennaio 2014

Il valore della memoria: il 120° anniversario dei Fasci Siciliani


di Nino Di Sclafani
MARINEO. Assai opportuna la scelta, fortemente voluta dall'assessore Ciro Spataro, di un passaggio istituzionale nel quadro delle manifestazioni per il 120° anniversario del drammatico epilogo della vicenda dei Fasci Siciliani. 
Nei prossimi giorni avrò modo di ritornare su alcuni aspetti della vicenda storica e sulle complesse implicazioni che il movimento dei Fasci ebbe nella Marineo di fine Ottocento. Ciò che oggi, anniversario del massacro, mi preme invece sottolineare e condividere con i lettori di Piazza Marineo è il valore che può avere in questa ricorrenza il ricordo di quei fatti e di quei morti. Continuo a ritenere valida la lettura fornita nel 1987, assieme a Ciro Spataro, nel nostro saggio dedicato al Massacro di Marineo. Il fascio marinese nacque nel quadro di una feroce guerra tra i partiti-cosche che si contendevano il governo locale. Memori dell'uso fatto durante tutto l'800 del malcontento popolare come arma contro gli avversari politici, anche in quello scorcio di fine secolo ci fu chi ebbe l'idea di canalizzare la palpabile rabbia della gente contro i nemici al governo del paese. Nella nascita della sezione di Marineo il ricorso al socialismo rappresentò un'idea come un'altra per convogliare i malumori del proletariato locale vessato, tra l'altro, da mille balzelli. Quello che i manovratori occulti non si aspettavano fu che, in nome delle aspettative suscitate dalle idee socialiste, il fascio crebbe al di sopra di ogni attesa, catalizzando l'attenzione e la militanza di un migliaio di diseredati che nelle parole di Nicola Barbato, unico vero leader socialista con cui entrarono in contatto, ebbero modo di intravedere il riscatto di secoli di sfruttamento e sottomissione. Si tratta di quel "socialismo istintivo" che, incontrando quasi inconsapevolmente il vissuto ed il desiderio di una vita migliore, diede forza al movimento facendo della sezione marinese una delle più attive del circondario. Purtroppo tutte quelle aspettative si scontrarono nella fredda giornata del 3 gennaio 1894 contro le baionette del regio esercito. Perchè ricordare oggi quell'evento? Vuota retorica? Suggestioni accademiche? Trionfo del politicamente corretto? Nulla di tutto questo. Urge un recupero dei fatti del passato perchè in essi sovente è scritto il nostro presente e, cosa più importante, il nostro futuro. Solo la memoria degli errori del passato potrà evitare all'umanità di ricadere in percorsi già tragicamente sperimentati. "La miseria e la mala signoria furono e saranno sempre i motivi principali delle rivolte". Sono le parole del poeta Mario Rapisardi tratte dall'introduzione del libro di Napoleone Colajanni "Gli avvenimenti in Sicilia" del 1895. Penso che in questi anni di profonda crisi economica molte delle variabili riscontrabili nella vicenda marinese dei fasci si ripresentano inquietanti alla nostra attenzione. Il nostro consolidato benessere vacilla sempre più, sacche di povertà emergono sempre più prepotentemente, il futuro delle nuove generazioni è segnato da precarietà e da oscure prospettive. Anche oggi, come allora, non mancano tasse e balzelli sempre più improponibili per le famiglie stremate. Non è certo la miseria dei nostri avi, ma sappiamo quanto sia amaro avvertire, giorno dopo giorno, l'arretramento, le prime privazioni, l'impossibilità di mantenere il tenore di vita già dato per scontato. A tali drammi si affianca la crescente consapevolezza della "mala signoria" che ha contraddistinto la nostra nazione da parecchi decenni. Si dirà che non tutti i politici sono ladri, ma, a leggere le cronache quotidiane, non si può manco affermare che siano tutti onesti. Ed è in frangenti come questi che i manovratori occulti, intercettano il "sacrosanto" malcontento della gente volgendolo a proprio uso e consumo. Aizzare le folle è occupazione assai semplice in tempi grami come quelli che stiamo vivendo, qualunquismo e populismo sono però armi a doppio taglio. Più impegnativo e serio è invece gestire l'indignazione e mantenerla nei sentieri della lucidità e della nonviolenza. Sarà più lungo ed articolato il percorso, ma sortirà una maturazione democratica e civile che nessuna rivoluzione può ottenere, è quella politica dei "piccoli passi" tanto propugnata proprio da Barbato che, nel suo discorso ai fascianti di Marineo del 31 luglio 1893, invitava alla calma ed alla conquista della rappresentanza con i mezzi della politica. La storia ci ha insegnato che, per quanto giuste siano le cause, le rivoluzioni violente hanno sempre un epilogo sanguinoso: possono essere domate con la forza, come accadde 120 anni fa a Marineo ovvero possono originare Terrore e sistemi totalitari peggiori di quelli che volevano demolire. Un invito a riflettere e un appuntamento per partecipare, una volta tanto, uniti al Consiglio di stasera.