sabato 19 aprile 2014

Il linguaggio del cibo: la Pasqua e l'agnello rigeneratore della vita


di Nuccio Benanti
Nella Settimana santa la storia umana del Cristo viene rappresentata per mezzo di un codice gestuale fondato sulla opposizione triste vs lieto.
Al primo gruppo appartengono tutti quei comportamenti tipici della quaresima, che denotano dolore, cordoglio, digiuno. Mentre all'altro capo si situano gli atteggiamenti caratteristici della Pasqua: gioia, sollievo, abbondanza. È il suono delle campane, il sabato, a fare da spartiacque. Suono che, simbolicamente, costituisce il momento del passaggio dalla morte alla nuova vita, dal triste inverno alla primavera. Ecco perché il giorno di Pasqua si presenta con specifici segnali di abbondanza e di fertilità: l'uovo è uno di questi (Omne vivum ex ovo). Ogni festa ha il suo dolce tipico, o più di uno: oltre ai "pupa cu l'ova", alla colomba pasquale e all’uovo di cioccolata, altro simbolo della festa è la pecorella di pasta reale, che ci ricorda le offerte sacrificali del Vecchio Testamento. Il cibo è sempre stato importante nella vita degli uomini, tanto che ha avuto un ruolo fondamentale soprattutto nella religione: a partire dall'antico sacrificio vedico indiano, poi in Grecia, fino a giungere ai banchetti romani. Nel Nuovo Testamento sono diversi i momenti in cui l'insegnamento di Gesù si collega alla consumazione comunitaria del cibo: L'ultima cena e La cena di Emmaus sono due di questi. Dunque, dietro ai sapori, agli odori e ai colori della cucina festiva si nascondono tantissimi significati, una trama fitta di segni. Il convivio rimanda, etimologicamente, a vivere insieme. Mangiare insieme ad altri uomini è un modo per trasformare un gesto individuale, nutritivo, naturale, in un fatto collettivo, simbolico, culturale. Quello che si fa assieme agli altri, come dimostra la religione, assume un significato collettivo, un valore di comunicazione forte e complesso. Il cibo pasquale è, quindi, rigeneratore della vita e dell'ordine cosmico, sociale e familiare.